14 – New York – again

era Dicembre 2005

– Ma che ci andate a fare ancora a New York? –

E’ la domanda che i non viaggiatori ci rivolgono, quando sanno del nostro prossimo viaggio. Cosa volete che vi dica? Se non lo si capisce da soli non si può spiegare facilmente.

New York è la grande Mela. Qui si sperimenta, si rischia, si guadagna e si perde, ma si vive. E’ ancora la capitale consumistica del mondo Occidentale, finchè durerà il sistema capitalistico.  😉  Adoriamo Tokyo, Shanghai, Londra, Berlino e Parigi ma, sono tutta un’altra cosa e ne parleremo nei prossimi resoconti di scambio casa.

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21170_21170 21170_DSCN0351 Kitchen-21170Questa volta ci andiamo con Anne, un’altra sorella di Monique e il marito Paul. Sì, i genitori di Sarah e Thomas dello scambio n° 1 e n° 3. Ci piace condurre alla scoperta della città gli amici che non la conoscono. Questa volta c’è pure il sole. Si chiama Indian Summer e a volte la temperatura è gradevole fino alla fine di Dicembre. Poi quando cambia il vento la temperatura può scendere anche di trenta gradi in un paio d’ore. 😦

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Questa volta siamo in un loft al numero 252 della 7th, in piena Chelsea. L’intero palazzo era una fabbrica tessile e ora i lussuosi appartamenti ricavati valgono una fortuna.

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Sull’angolo c’è “Whole Foods”, uno dei supermercati più interessanti del panorama del retail alimentare mondiale (prima che arrivasse “Eataly”). E’ relativamente piccolo ma fu il primo aperto a New York. La posizione è nel pieno dei quartieri commerciali tra la 24th e la 25th.

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E noi cosa faremo di bello? Abbiamo una settimana e come sempre, ci sono un sacco di cose fare. Girare negozi incredibili, comperare cose inutili, visitare musei, godersi uno spettacolo a Broadway, incontrare gli amici, provare cucine nuove, ritornare nei luoghi di culto dei foodies Newyorkesi. Gioia di vivere insomma. 😀

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Si certo siamo nella capitale del consumismo, girare a New York senza soldi in tasca sarebbe davvero frustrante. Ogni angolo, ogni marciapiede, ogni scala o giardino sono occupati da qualcuno che vende qualcosa. Questo fa si che l’offerta sia davvero fantasmagorica.

A questo proposito volevo proprio segnalarvi uno degli eccessi incredibili che scoprimmo in questa visita. Avete mai sentito parlare di AmericanGirl? Se non avete una figlia in età da bambole non siete in target, altrimenti negli USA non potreste sfuggire. Un grande magazzino, in genere di svariati piani, dedicato alle bambole. La location è sempre prestigiosa, qui a Manhattan il negozio è sulla Fifth Avenue, di fronte al Rockfeller Center.

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E fin qui ci sarebbe poco da obiettare. Ma si tratta di una bambola sola, AmericanGirl, nella variante di bambina americana dalle origini più diverse. Bianca e Bionda, Pellerossa, Asiatica, Afroamericana, indio, ispanica, eccetera.

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Ciascuna origine porta in dote tutti gli accessori delle pseudo-civiltà collegate. La bamboletta nativa indiana indossa il costume finto Sioux dell’iconografia di Hollywood, incluso teeepee, mocassini e copricapi con piume. La figlia bianca dei pionieri è dotata di tutti i costumini dell’epopea filmica, dai carri dei pionieri alle Cadillac di plastica comprese. Eccetera, eccetera.

slide2La cosa più sconcertante per noi, è stato il momento in cui ci siamo resi conto che, metà del magazzino era dedicato al matching dei vestiti delle bambole con quello delle padroncine. Bambola con vestitino azzurro e volant, stesso vestito per la bambinetta in mille varianti di taglia e colore.

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Schermata 2013-05-11 alle 14.35.56Al terzo piano… orrore, l’ospedale in cui venivano ricoverate le bambole da riparare, pardom da curare, era pieno di miniseggioline a rotelle in cui collocare le bambole per avviarle al reparto riparazion… no scusatemi ancora, al reparto triage e diagnostica della clinica AmericanGirl. 😮

forsaleCon sgomento al quarto piano un servizio di parrucchiere umane, piazzavano sulle apposite poltroncine bambole da pettinare nella stessa foggia delle piccole clienti.

Non vi immaginate cosa c’era al quinto piano. Ebbene sì, un ristorante ove mamme, figlie e bambole pupazze, sedevano alla stessa tavola per degustare, a lauto prezzo, cibi preparati in tre formati. Si fa per dire adulta, bimba, bambola. Mamme che spintonavano per accaparrarsi un posto nell’affollata sala.

DSCN9131_thumb[1] Dining-1web the-dining-room-2007Non ce ne eravamo mai accorti nei viaggi precedenti, forse per il fatto di essere lontani anni luce da questo target.

Se ci passate e volete provare il brivido assoluto dell’inutilità, questo è il posto giusto per voi. Ho controllato e il negozio è ancora lì oggi nel 2013 e questo significa che funziona ancora bene.

Comodissimo il Whole Foods sotto casa. Una ricca scelta di cibi di qualità a qualsiasi grado di preparazione. Salmone selvaggio di quattro o cinque provenienze, un banco di gamberi crudi di tutte le razze e dimensioni, oppure cotti e fumanti con le più richieste salsine del mondo.

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Carni di ogni dove ed animale, pane freschissimo in cento preparazioni diverse e frutte e verzure scelte da ogni angolo della terra. Una sera, come è nostra consuetudine, invitiamo gli amici che abbiamo conosciuto negli altri cambi, quindi giovedì, verranno anche Sid e Linda dell’ottavo cambio e Doug e Gabriella del secondo. Cena cordiale e decontractè in otto nella grande cucina/soggiorno del loft. Non abbiamo mai perso l’occasione di far incontrare tra loro nostri amici, seppur di ambienti diversi.

Fiddler on the Roof

Grazie a Monique, che si sacrifica, come sempre, 😉 a fare la fila in Times Square per procurarci i biglietti per uno spettacolo a teatro. Questa sera andremo a gustarci Fiddler on the Roof (il Violinista sopra il tetto) alla ennesima premiata ripresa al Minskoff Theatre.

I musical a Broadway non ci hanno mai deluso e la qualità è tale che stupisce sempre chi ci va per la prima volta. L’abitudine alla visione delle nostre trasmissioni televisive, con danzatrici pressappoco e filodrammatici dell’oratorio, fa si che quando vediamo ballerine che si muovono all’unisono, attori che cantano, suonano, recitano e ballano come nei vecchi film di Hollywood, ci si riempie il cuore di gioia vera.

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Ed è gioia vera quella che vediamo dispiegarsi anche sui visi dei nostri ospiti nello svolgersi della narrazione, nei balli e nelle canzoni.

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Una sera andiamo anche da Katz, forse il miglior pastrami di New York. Se siete gourmet e non sapete cosa sia il pastrami a New York ci dovete proprio andare. 🙂

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E’una preparazione tipica della tradizione kosher originaria della Romania. Un modo di conservare la carne quando non c’erano i frigoriferi. In Romania usavano il petto d’oca che costava meno della carne di manzo, ma arrivati nella terra promessa il manzo costava meno e allora la ricetta originale fu adattata.

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Quindi nasce proprio qui e si può trovare facilmente solo a Manhattan, la più grande città ebrea del mondo. Bene Katz è la quint’essenza del pastrami. Anche il nome originale pastrama diventa pastrami per assonanza comunicazionale con l’italiano salami urlato dai venditori di italici panini concorrenti. La dinastia Katz produce i suoi sandwich sulle strade di New York dal 1888. Punta di petto, lasciata mesi in salamoia con coriandolo, aglio, chiodi di garofano, senape, paprika, pepe nero, spezie segrete e poi lasciata asciugare, affumicata e poi cotta al vapore al momento di servire.

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Affettata ancora calda, viene sovrapposta, in porzioni americane tra due fette di pane, generalmente di segala, abbondantemente cosparso di senape e accompagnata da cetrioloni croccanti. Il locale, dotato di un assurdo sistema contabile, accetta solo cash e serve migliaia di porzioni al giorno.

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Per procurarvene una anche voi dovete fare la coda al banco o trovare un tavolo nella fila di sinistra. Qui, vetusti e scorbutici camerieri faranno la fila per voi, aggiungendo al vostro conto la mitica percentuale di servizio del 17,65%. A parte il godurioso sandwich, qui l’atmosfera è unica, non esiste posto al mondo uguale a questo. Se ci andate una volta lo racconterete di sicuro.

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Sopra un tavolino nella fila di mezzo, un cartello segnala la posizione resa famosa da una scena di orgasmo simulato da Meg Ryan, nel film Harry ti presento Sally. 😉

Anche dietro il nostro palazzo c’è un altro shop che vale la pena di visitare il Chelsea Market che una volta era la sede della Nabisco. Ora è pieno di negozi che gravitano nell’area food e ristoranti ospitati nelle suggestive gallery.

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Arriva capodanno, non ricordo quanti ne abbiamo passati qui, ma in Times Square insieme ad un altro milione di turisti non ci vado certo più. In piedi per ore senza quasi possibilità di movimento per veder scendere dal cielo una mela di lampadine luccicanti. Tutti scandiscono ad alta voce il tempo mancante al fatidico scadere.

Sarò cinico ma non ho mai capito perchè si debba festeggiare una cosa così stupida come la fine dell’anno, speranza nel futuro? Bah! Comunque anche noi ci adeguiamo, salendo fino al tetto piatto del nostro building, insieme a un’altro centinaio di inquilini del palazzo.

Armati di bottiglie e flutes scorgiamo Times Square dall’alto, una ventina di blocchi più su, senza essere schiacciati dalla folla. OK viva! festeggiano tutti, festeggiamo pure noi.

Bbbono il Krug di notte sui tetti di Manhattan. 😉

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